Luca

Iniziava tutto quando qualcuno di noi quattro rispondeva al citofono, e lo riattaccava urlando i loro nomi, felici come delle pasque. Venivano a trovarci ogni tanto e sono grata ai miei genitori per aver loro aperto la porta tante volte che non saprei contarle.

Lei era sempre bella, elegante, profumata, con la pelle morbida, le scarpe in e i capelli di un colore diverso ogni volta. Lui portava la festa nel cuore ed era tutte le nostre risate per una serata intera.

È di lui che voglio scrivere perchè era lui che consumava tutte le energie rimaste di una settimana di lavoro giocando con noi fino a tardi; me e mio fratello più piccolo.

Non c’era troppo spazio nella nostra casa, ma lui trovava sempre il modo per intrattenerci, farci saltare e morire dal solletico. Con “il gioco della zia” impersonava una vecchia signora invadente e appiccicosa che non ci mollava mai, con quello del cavallo invece ci prendeva sulle sue ginocchia e ci faceva fare curve e dossi fino all’esaurimento, più suo che nostro – per noi ovviamente non era mai abbastanza.

Arrivava spesso con una novità, come la canzoncina ripetuta per ore e ore e che ci è rimasta in testa per il resto dei giorni: “Nella stanza mia c’è un moscolone…”; o la storia della vacca Vittoria.

La sua presenza nella nostra vita si è estesa anche in montagna, al fiume, al lago… dove spesso mangiavamo insieme e passavamo momenti non solo a rilassarci durante i fine settimana, ma anche a costruire qualcosa. Il suo umorismo era senza fine. Riusciva a rendere piacevole ogni dovere, il cucinare, l’apparecchiare la tavola, l’andare a fare la spesa…

Tra i vari momenti in compagnia, ho un’immagine di lui sotto a un ombrello aperto con un petardo acceso conficcato nella punta in alto. Consapevole dell’ingegnosa trovata, aspettava il botto ad occhi chiusi e denti stretti di fronte a mio fratello che lo ammirava e si divertiva come un matto. Poi gli stessi petardi erano finiti anche nel falò di Ferragosto, di fronte all’Arialdo che non riusciva a scappare, e lui che non riusciva ad aiutarlo perchè le risate glielo impedivano. Quella notte – lo ricordo ancora – ho visto scintille di fuoco, petardi, stelle cadenti e fulmini di un temporale lontano, sulle cime dei monti di fronte. Tutto in una volta sola, uno spettacolo indimenticabile.

Ci raccontava episodi del suo lavoro, di come aveva scelto di fare il parrucchiere, ci raccontava delle sue clienti e anche di sua sorella. Era presente. Era quella figura maschile che Dio sapeva mi mancava. Un uomo che fosse presente con il cuore, con la sua dedizione, le sue parole, la qualità. Anche con le cavolate e le cose con poco senso, per riempire il tempo e scacciare la pesantezza di tanti giorni esigenti.

Era lui che era corso a valle per recuperare uno zaino lasciato scivolare, lui che ci aveva insegnato a storpiare la canzone “l’Italiano” di Toto Cotugno inserendoci un po’ di catarro, lui che ci faceva da mangiare e da papà in vacanza. Lui che aveva la risposta pronta alle mie domande più strane sui piedi. Lui che mi aveva fatto i due tagli più coraggiosi, uno anche con le meches color amarena.

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La vita l’ha messo alla prova tante volte e da bambina non ho capito come comportarmi. Lo vedevo andare a messa, a fare lunghe passeggiate da solo, a fare domande agli adulti che ci circondavano. Sono anni che non ci vediamo e anni che mi viene in mente, anni che vorrebbero rivedere anche un solo pomeriggio su un “senter di cavri” o a scartare regali.

Non mi manca perchè mi ha lasciato ricordi felici in abbondanza, non c’è tristezza perchè sono sicura che – come me – anche lui è dove Dio lo vuole, ancora a benedire gli altri, gente con cui spende la quotidianità e che lo vede andare avanti, ancora e sempre, tra una caviglia rotta e la routine. E poi ancora un’altra sfida.

Vorrei però ringraziarlo e assicurarmi che possa ricevere l’amore che lui ci ha dato, da tutti i pori della mia vita di oggi. Vorrei ringraziarlo per quello che ha lasciato in quei due bambini qualsiasi che troppo spesso litigavano, ma che da lui hanno ricevuto montagne di gioia. Montagne di giochi, montagne di attenzioni. Montagne di creatività.

Grazie.

 

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